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Cyber security: il fattore umano è l'anello debole

Negli ultimi due anni abbiamo vissuto una vera e propria trasformazione delle nostre vite. E’cambiato il nostro modo di lavorare, di mantenere relazioni, di pensare ed organizzare il nostro tempo. La società intera ha subito una forte spinta verso il digitale, evidenziando sia le grandi possibilità che i rischi e le minacce sempre più pressanti. Abbiamo sperimentato nella pratica che non eravamo pronti ad utilizzi così intensi della rete e delle sue infrastrutture. E’ emerso con prepotenza quanto il fattore umano sia diventato centrale nella gestione dei processi, e quanto sia diventato importante investire su di esso per aumentare la consapevolezza e le capacità di intervento degli operatori e dei dipendenti, per garantire alti livelli di sicurezza ed efficienza.
Il problema non riguarda solo le persone meno abituate all’utilizzo delle tecnologie digitali, ma anche le nuove generazioni e i cosiddetti “millennials”. Lo studio sulla generazione Y che Mark Prensky definisce “nativi digitali” si evolve con le considerazioni di Anna Rita Longo su Scientificast che aggiunge alle definizione nativo digitale quella di “Nativi ed analfabeti digitali”. E’ il paradosso delle generazioni google. E’ proprio questa, che pur avendo una naturale propensione all’uso delle tecnologie, mostra i comportamenti degli “utenti inconsapevoli”; che dimostrano una profonda incapacità di riconoscere quelli che sono i rischi collegati alle loro azioni.

Per usare la metafora bellica, nella guerra contro i cybercrimini chi attacca è in una posizione di vantaggio poiché s la prima linea di difesa è costituita da civili “inermi” che non hanno la sufficiente consapevolezza delle minacce e delle contromisure necessarie a difendersi.
L’esperienza degli scorsi anni ci ha fatto comprendere quanto sia centrale il fattore umano in tutta la catena della sicurezza. Le aziende e le grandi organizzazioni hanno investito molto, anzi moltissimo, sugli “apparati” tecnologici di sicurezza, che frequentemente sono stati neutralizzati dalla mancanza di consapevolezza e di preparazione del personale aziendale. Il fattore umano rischia di vanificare lo sforzo economico! Ecco perché la battaglia appare come squilibrata in favore di chi attacca.
Per portare speranza in queste battaglie giornaliere è necessario che gli utenti acquisiscano consapevolezza, per maturare abitudini e adeguare i propri comportamenti rispetto ai rischi Cybernetici. Un processo continuo possibile solo con l’acquisizione di conoscenze teoriche e di formazione continua nei diversi ambiti di applicazione. Un percorso di formazione rivolto ad aumentare la percezione del rischio, proveniente da un “mondo” non percepito come reale.
Questi processi sono misura necessaria per le organizzazioni di oggi, ma devono diventare sistemici per la creazione di una generazione di utenti consapevoli ed evoluti capaci di utilizzare le enormi potezialità offerte dalla tecnologia, ed allo stesso tempo difendersi efficacemente.
Nella Cybersecurity il fattore umano è decisivo. Rafforzarlo significa dare rafforzare l’anello debole.